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osteoporosi
06 ago 202011 min

Conoscere meglio l'osteoporosi

In questo blog di agosto abbiamo deciso di dare qualche informazione utile per poter conoscere meglio l’osteoporosi. Conoscenze e informazioni spesso già sentite o lette, ma un’ulteriore sensibilizzazione dal punto di vista scientifico può essere di supporto alla comprensione di tutto ciò che è utile nella prevenzione ed eventualmente nella cura.

Che cos’è l’osteoporosi?

L’osteoporosi è una malattia in cui le ossa hanno perso buona parte del loro contenuto minerale (soprattutto sali di calcio) e sono quindi diventate “porose” fragili  nella loro parte più interna. In una prima fase di perdita, si parla di osteopenia (impoverimento iniziale  dell’osso).

Quando la perdita di calcio supera dei limiti ben definiti e valutabili, l’osso diventa decisamente più fragile e più  a rischio di fratture.

A questo punto si parla di osteoporosi. Questa perdita di calcio avviene di solito molto
lentamente, senza dare alcun sintomo e senza alcun dolore: per questo l’osteoporosi è stata definita una “malattia silenziosa”.

Come è possibile accertare una  diagnosi di osteoporosi?    

La diagnosi  di molte malattie si fa sulla base di segni e sintomi tipici. Se invece, come nel caso dell’osteoporosi, non ci sono né segni né sintomi particolari, per poter arrivare alla diagnosi bisogna fare degli esami specifici. E siccome le malattie sono tante, gli esami costano, e non avrebbe senso eseguire tutti gli esami a chiunque, occorre che il medico sappia valutare a quale paziente è opportuno svolgere le indagini e quali indagini. È infatti compito del medico sapere quali sono i “fattori di rischio” di una malattia, e valutare se essi sono presenti in una determinata persona. Se sono presenti alcuni o ancor peggio tutti i fattori di rischio, allora è un dovere prescrivere gli esami utili a capire meglio, quando possibile la patologia che si sospetta.

Nell’esempio che ci siano motivi per pensare che una persona possa avere osteopenia oppure  osteoporosi, il medico prescriverà un particolare esame chiamato mineralometria ossea computerizzata o MOC (densitometria dell’osso). Questo è l’esame-chiave per valutare la quantità di calcio nell’osso (la massa e la densità ossea) ed è con il risultato di questo esame che un medico procede alla diagnosi di osteopenia oppure di osteoporosi. Se la diagnosi è confermata, ovviamente, si può  approfondire la situazione con altri esami di laboratorio sempre necessari nel momento della diagnosi per poter definire con maggiore certezza l’origine della malattia delle ossa e più precisamente della mancanza di calcio e della conseguente temuta fragilità.

Quali sono i fattori di rischio per l’osteoporosi?

Sono molti e differenti tra loro, ma quelli più importanti sono: sesso femminile (le donne sono statisticamente più a rischio degli uomini); età superiore a 50 anni (donna) o 60 anni (uomo); stato di menopausa (epoca dell’inizio della menopausa); osteoporosi o fratture per motivi banali (es. una caduta, un brusco movimento) nei genitori o nei nonni; menopausa prima dei 45 anni (anche chirurgica per asportazione bilaterale delle ovaie); alimentazione povera di calcio (particolarmente nell’età  della crescita); malattie con malassorbimento intestinale (celiachia, Crohn, colite ulcerosa); ipertiroidismo; iperparatiroidismo; ipercalciuria idiopatica; malattie che richiedono cure di lunga durata con cortisone; malattie che provocano ridotta attività  fisica (distrofie muscolari, paralisi cerebrale); periodi prolungati di amenorrea (assenza del ciclo mestruale); eccessiva magrezza; storia di anoressia nervosa; fumo; eccessivo consumo di alcool; uso di particolari farmaci (eparina, antiepilettici).

Ma come è fatto l’osso?

Una rapida descrizione può  presentare l’osso come composto da tre componenti.

Una componente proteica costituita da una fitta rete tridimensionale di una proteina filamentosa detta “collagene”. Questa rete forma una specie di impalcatura che tiene insieme l’osso come i tondini di ferro tengono insieme il cemento armato. Su questa rete si deposita la componente minerale più abbondante, formata da sali di calcio e fosforo. Infine la componente cellulare, formata da cellule specializzate, che sono le responsabili della capacità vitale dell’osso. Infatti, l’osso va considerato un tessuto vivo, che cambia e si rinnova lungo tutto il corso della vita. Nell’infanzia e nell’adolescenza è capace di crescere e svilupparsi anche con rapidità. In qualunque momento della vita, in caso di frattura, è capace di ripararsi e portare alla guarigione e quindi alla formazione di nuovo tessuto osseo (callo osseo). Con l’età, purtroppo, invecchia anche l’osso e tende a indebolirsi perdendo lentamente sali minerali.

Le componenti dell’osso sono cellule di tre tipi differenti: osteoblasti, osteoclasti, osteociti. Ciascun tipo di cellula  ha un compito specifico. Gli osteoblasti sono le cellule che costruiscono l’osso: depositano la matrice proteica e facilitano l’intrappolamento dei sali di calcio e fosforo (elementi che arrivano all’osso attraverso il sangue). Gli osteoclasti sono cellule che “riassorbono e demoliscono” l’osso, facendo tornare calcio e fosforo in soluzione nel sangue. Gli osteociti hanno un compito meno appariscente ma non meno importante: quello di “capire”, attraverso i loro lunghi filamenti sensibili, le sollecitazioni fisiche a cui è sottoposto l’osso (pressione, peso, mobilità) e inviano, a seconda delle necessità, segnali alle altre cellule. La vita dell’osso è in  continuo rinnovamento (anche detto “modellamento osseo” nel giovane in crescita e “rimodellamento osseo” nell’adulto e anziano), che avviene con una fase di distruzione, “riassorbimento” di osso “vecchio” da parte degli osteoclasti, e  quindi successiva formazione  “deposizione” di osso nuovo ad opera degli osteoblasti. Nel periodo della crescita, l’osso che si distrugge viene sostituito da una  quantità molto maggiore di  nuovo osso, ed è in questo modo che ciascun osso dello scheletro può  aumentare di dimensioni e assumere la sua forma “adulta”. A un certo punto della vita, circa tra i 25 e i 30 anni, l’osso raggiunge il suo massimo sviluppo e la massima densità e resistenza che coincide anche con il massimo accumulo di minerali. È il momento in cui un individuo raggiunge il “picco di massa ossea”, un valore importante come vedremo fra poco per  definire il futuro rischio di osteoporosi. Da questo momento in poi, l’osso deve solo mantenersi in buona salute: il rimodellamento osseo implica che tanto osso si riassorbe e quindi viene demolito, tanto se ne deve ricostruire. L’età  adulta, quando le  condizioni  sono ideali, è un periodo in cui la massa ossea resta stabile. Con l’avanzare degli anni, l’organismo non riesce più a tenere attivamente costante il rinnovo dell’osso, e come tutti gli organi, anche l’osso risente dell’età: inizia il periodo in cui l’osso che si distrugge non viene più  recuperato al 100%. A poco a poco la massa ossea si riduce, e se scende troppo si arriva nella zona a rischio di fratture, una condizione patologica, quindi una malattia che è appunto chiamata “osteoporosi”. A questo punto dovrebbe essere evidente il significato di un alto “picco di massa ossea”: maggiore è la quantità di osso che avremo costruito al termine della crescita, più sicurezza avremo prima di arrivare all’osteoporosi. Se l’osteoporosi inizia quando si scende sotto il valore “100″ di massa ossea, è ovvio che chi da giovane ha raggiunto un picco di massa ossea di “300″ è molto favorito rispetto a chi aveva raggiunto solo un picco di “200″.

Distinzione tra osteoporosi primitive e secondarie. Per non esporre dettagli scientifici maggiori, in questa sede possiamo definire che la forma “classica” di osteoporosi primitiva o primaria è quella post menopausale o senile (che colpisce le donne dopo la menopausa e gli uomini dopo i 60 anni). Questa forma di osteoporosi colpisce persone che sotto tutti gli altri aspetti possono essere anche sane, ed è molto frequente, specialmente oggi che la vita media si avvicina agli 80 anni. Si stima che una donna su 4 e un uomo su 8 avranno prima o poi questa forma di osteoporosi. Il rischio di osteoporosi aumenta con l’età ed è legato a quelli che abbiamo chiamato “fattori di rischio”. La presenza di fattori di rischio determina la comparsa più  o meno precoce e probabile dell’osteoporosi e la sua gravità.

Altre forme di osteoporosi sono chiamate nell’insieme “osteoporosi secondarie”, cioè che dipendono dalla presenza di un’altra malattia. Abbiamo accennato più sopra, parlando dei fattori di rischio, alle malattie o condizioni che possono predisporre all’osteoporosi. In queste situazioni l’osteoporosi può comparire a qualsiasi età, anche in persone giovani e anche nei  bambini.

Il metabolismo o ciclo del calcio

Per avere un quadro chiaro della malattia dobbiamo a questo punto chiarire brevemente il meccanismo di accumulo e di perdita di calcio dall’osso. A questo proposito si parla di “ciclo del calcio” oppure “bilancio del calcio” o “metabolismo del calcio” o  più scientificamente anche considerando la stretta connessione fra calcio e fosforo, “metabolismo fosfo-calcico”.

Bisogna chiarire che il calcio è un “elemento” e quindi non si crea e non si distrugge. Tutto il calcio del nostro organismo lo abbiamo preso dall’esterno, e quello che non ci serve lo eliminiamo. Prima della nascita attraverso il sangue della madre (durante l’epoca fetale). Poi attraverso gli alimenti (soprattutto attraverso latte e latticini). Per essere utilizzabile, il calcio che “mangiamo” deve essere assorbito nell’intestino che quindi deve essere ben funzionante. E per far assorbire bene il calcio, è necessaria la vitamina D.  Dall’intestino il calcio passa nel sangue, e con il sangue arriva ovunque nel corpo. Per mantenere efficace il legame tra osso e calcio è necessario mantenere la concentrazione di calcio (calcemia dosabile nel sangue con la precauzione del dosaggio non solo del Calcio libero) entro stretti limiti. A questa regolazione provvede un sistema molto complicato dove un ruolo determinante è dato dall’intestino, dalla vitamina D, dall’ormone paratiroideo (paratormone, PTH prodotto da piccole ghiandole immerse nel tessuto della tiroide), dall’osso e dai reni. Se beviamo molto latte e mangiamo latticini, probabilmente assorbiremo una buona dose di calcio nell’intestino. Questo calcio, una volta nel sangue, fa salire la calcemia: in queste condizioni, se l’osso ha la necessità di trattenere calcio, lo può assorbire rapidamente e se la calcemia resta ancora troppo alta, il rene sarà capace di eliminare l’eccesso di calcio con l’urina. Viceversa, supponiamo di non aver mangiato assolutamente alimenti che contengono calcio. Siccome un po’ di calcio si perde con l’urina, la calcemia tende a scendere, e questo non dovrebbe succedere. Entrano quindi in gioco le ghiandole paratiroidi che secernono un ormone il paratormone, che va a stimolare gli osteoclasti e quindi il riassorbimento osseo. In questo modo l’osso può perdere calcio, ma la calcemia torna alla normalità. Finché questi processi restano, più o meno in equilibrio tutto va bene e il metabolismo del calcio sostiene la buona calcificazione dell’osso. Ma il meccanismo fondamentale dell’osteoporosi è la perdita graduale e prolungata di questo meccanismo raffinato e dell’equilibrio descritto.

L’incepparsi e l’alterarsi del meccanismo descritto porta a perdere più calcio di quanto se ne riesce ad assorbire. E siccome è l’osso il “donatore ultimo possibile”, quello che fa restare la calcemia entro i limiti di normalità nel sangue, che sono condizione necessaria per restare vivi, è l’osso che si impoverisce gradualmente, e alla fine può arrivare anche all’osteoporosi.

Bisogna chiarire il perché  la calcemia deve restare entro precisi limiti: non è fondamentale conoscerlo per capire l’osteoporosi, ma è giusto dirlo per completezza scientifica. Nel corpo umano il 99% del calcio è accumulato e trattenuto nell’osso. Il restante 1% resta in circolo nel sangue e all’interno delle cellule, e serve per processi vitali essenziali, come trasmissione dei segnali nervosi, contrazione dei muscoli (compreso il cuore), coagulazione del sangue e molto altro ancora.

La prevenzione dell’osteoporosi

Alcuni principi a questo punto della lettura dovrebbero essere chiari. Fondamentale è l’importanza del calcio nell’alimentazione. Senza calcio, l’osso non può essere certo sano. Una dieta ricca di calcio fin dall’infanzia farà raggiungere il massimo valore del “picco di massa ossea” compatibile con le nostre caratteristiche  anche genetiche personali, ciò significa che entra in gioco anche una componente geneticamente trasmessa. In ogni istante della vita, la giusta quantità di calcio assunta con i cibi e bevande eviterà inutili perdite dall’osso nello sforzo di mantenere la calcemia (calcio circolante nel sangue) nella norma. Dovrebbe anche esser chiara l’importanza della vitamina D. Con poca o assente vitamina D, il calcio assorbito nell’intestino sarà scarso o nullo , e l’osso avrà difficoltà nel mantenere la sua integrità.

Ma c’è un altro elemento fondamentale per la prevenzione, che è doveroso accennare: l’attività fisica. L’osso è continuamente stimolato dalla contrazione muscolare (quindi movimento attivo) e dal peso del corpo che determina il carico sull’osso. Questi stimoli portano al continuo adattamento del sistema di “rimodellamento osseo” che rafforza l’osso nei punti in cui si indebolisce e lo ripara dove si verificano come spesso accade microfratture. Se l’osso non è stimolato da queste forze, quindi carico e mobilità, inevitabilmente si indebolisce perdendo calcio e andando incontro ad una probabile osteopenia e poi osteoporosi. Lo scarso movimento con ridotto carico coinvolge anche persone giovani e sane. Un problema più serio può coinvolgere persone che hanno malattie che colpiscono il metabolismo del calcio (malattie dell’intestino, malassorbimento) o negli anziani. In alcuni casi una  perdita di calcio dall’osso non sarà più  recuperata in modo completo.

Per questo è essenziale che svolgere attività fisica ad ogni età con corretti carichi, mobilità periodica e quindi stimolazione del metabolismo osseo come migliore prevenzione per l’evento osteoporotico. Non per ultimo è necessario ripetere che l’osteoporosi non dà sintomi fino al momento della temuta complicazione fratturativa.

Per un efficace  prevenzione risulta opportuno, oltre al consiglio del medico che sarà rivolto alle singole condizioni del paziente, anche  camminare una mezz’ora al giorno 4 o 5 giorni alla settimana per aiutare l’osso a rimanere in forma e in salute.

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